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Non si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze
Horkheimer-Adorno, Dialettica dell'illuminismo

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Luigia Rizzo Pagnin
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Cassandra 2003
 
 

Cassandra 2003 

Cassandra andava coi teneri piedi legati.
La parola le usciva forzata da interna distruzione.
Non poteva non dire
e dire non poteva
per chiara percezione di sé.

Attorno, nessuno reggeva lo sforzo
di distrarsi dalla sua distrazione.
La distrazione dei più era di Cassandra
il nemico possente.

Nessuno a lei d'intorno
– né prossimo né lontano –
desiderava ascoltarla
e il dire suo inascoltato
era solo fastidioso rimbombo:
tuono nel vuoto!

Dunque che me ne faccio io
della mia voce
in questo momento
che mi è chiesto di scomparire?
A nulla io sono stata?
Che me ne faccio di me?

Oh! Tu che permetti
l'inascolto di una lingua accaldata,
tu, Mediazione,
che assapori la mia sconfitta,
che appari e scompari
ben sapendo che la mia afasia
appaga la tua vittoria;
tu, che mi rendi muta
nel momento stesso ch'io parlo,
hai per certo schivato
come uno straccio inerte
la mia identità:
l'unica delle cose in-mediabili.
Di questo ti vanti?

Se ne va se ne va come rubata
l'irriducibile augusta
fatta schiava in terra materna
violata dai vincitori
lontana dal luogo
che ascoltò la sua voce
senza ascoltarla,
per volontà di un dio
che non perdonò l'evidenza
la più semplice delle intenzioni:

Essere vera
senza mediazioni.


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