Il rumore della guerra*
                  
                
                   
                  Il rumore della guerra sveglia
gli istinti primari dei futuri dannati
e degli esseri vaganti
sotto e sopra
il settimo cielo.
                  Gli arcangeli sembrano
                    aver smarrito la via e aprono
                    le porte dell’Inferno
                    solo a giorni alterni; il Purgatorio
  è chiuso per decreto
                    solo a chi dovrebbe essere cacciato 
                    dal tavolo di coloro diventati
                    prescelti di Dio per regio decreto.
                  Sul Campidoglio ieri notte ho sentito
                    la voce del gallo che pesava nelle bilance
                    le teste tagliate con talenti d’oro.
                    Un silenzio spettrale partiva quel giorno
                    dalle Colonne di Ercole per impantanarsi
                    nei boschi in cui, sul rifugio dell’Ararat
                    un vecchio venerabile aveva posato
                    l’arca strapiena di anime. Mentre a Meggido
                    i nuovi faraoni si battezzavano
                    sperando uscire vivi dal
                    prossimo Armaghedon 
                   
                  
                    
                       
                      
                                    
                  
                  
                    *Cfr. G. Arbore in 
Festival della Poesia del Mare di Pirano. Testi critici di E. Santese. Fotografie di A. Mitakidis, Pirano 2022, p. 29.
 
               
                  
                  
                  
                  Attraversando i folti boschi di ulivi puoi sentire chiamandosi 
per nome, con voce rauca, i cavalli di Diomede.
L’estate è passata, morde il frutto
il soldato errante, perduto nei boschi
alla ricerca delle piante guaritrici. Adesso
puoi guardarlo smontando dal cavallo
ai margini della cava di pietra
schiacciata dai rulli dei carri. Con la punta
della sua arrugginita pica raccoglie
le spighe di grano
racchiuse in conchiglie
morte da tempi immemoriali. Disteso
sulla riva aspetta
il soave fragore dei semi, il segno
della resurrezione. Dalle paludi languide
richiama il quadrupede ammalato
per pregarlo di digerire
la segale del campo tracio.
Sempre più rauca si perde
vicino alle torri
la voce dei cavalli di Diomede.