Senecio
     SENECIO

Fondatore
Emilio Piccolo

Direttore
Andrea Piccolo e Lorenzo Fort



Non si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze
Horkheimer-Adorno, Dialettica dell'illuminismo

Rivisitazioni, traduzioni, manipolazioni



Redazione
Sergio Audano, Gianni Caccia, Maria Grazia Caenaro
Claudio Cazzola, Letizia Lanza, Vincenzo Ruggiero Perrino


Lucetta Frisa
Scheda biobibliografica

1. Danza degli spiriti Beati
2. Anna, la sorella
3. La Mer



Danza degli spiriti beati

(Cristopher Gluck)


la sera si chiude con Gluck facciamo che
ce ne andiamo a dormire sulle punte
verso i veli del letto veleggiante
nei provvisori Campi Elisi.
Un minuetto monsieur e un inchino
ti sventaglio guance e ascelle
niente sudore solo fresco fiato
di flauto luminoso che ci guida
ai nostri paradisi.
Che faremo senza Orfeo e Euridice?
nel corridoio buio madre e padre
– Calliope e Apollo – ci precedono
nel breve viaggio e soavemente
volteggiano nel cielo del soffitto
per salutarci col riso screpolato
poi scrollano la testa e la notte
sopraggiunge per telecomando
così si spengono di scatto
la palpebra e la squallida giornata
resta nell’aria la polvere dorata
del sorriso del gatto del Cheshire.
Danzando con gli spiriti madame
non c’è dramma o tragedia
nessuna traccia di sangue nessun fumo
di guerra, solo un inchino un ventaglio e Gluck
e si torna beati da Euridice
che non volta le spalle ma ci attende
nei Campi Elisi del Lorazepam


 

 

 

 

Anna, la sorella

Ieri al tramonto su torri di vedetta
ho visto giungere in porto navi straniere.
le aspettavo da tempo, sono anch’io maga
e so che un pellegrino in cerca della patria
chiederà qui asilo. La mia pelle è spenta
e mai si accese per uomo e donna;
bruciano solo gli occhi, fessure piccole
da dove spio le cose del mondo.
Splendida è mia sorella: ordina, premia,
punisce, sfida nemici di terra e d’acqua,
respinge offerte di nozze regali.
Ma chi ha forte l’orgoglio e come un cieco
morde la vita, presto morirà del suo veleno.
Io no, ho vita lunga, io. Invincibile è l’ombra
riflessa che inghiotte il sole poco a poco.
So che devo attendere. Ma oggi
comincerò ad avanzare, da oggi il mio destino
si compie – quello che solo occhi come i miei
sanno tessere e leggere senza autoinganni.
“Didone – dico – uno straniero con tante navi
è giunto a Cartagine. Sacra è la legge dell’ospite”.

Eccoli di fronte l’uno all’altra. Fremono le fiaccole
nel palazzo notturno, sopra i grandi muri che specchiano
le visioni del racconto, e l’eco di quella voce che avvolge
tutte le stanze le penetra nella carne mentre
si stringe a me radiosa e turbata come una bambina.
So di cosa parlarle carezzandole il velluto dei capelli
– le parole d’amore la mandano in estasi – e lui continua
a narrare io a carezzare lei a tremare le torce a fiammeggiare
su quella scena stregante per notti e giorni. E poi corre
ai suoi riti – è, si dice, potente maga – e va per templi
di falsi dei e indovini di bassa risma e in tutti crede
di udire lo stesso appagante responso.
Ma cosa ascolta e vede chi è sordo e cieco?

Sono qui accovacciata, cane fedele, presso la loro stanza.
Li sento amarsi – sospiri, sussurri, lunghi lamenti –
tutti suoni a me estranei. Ma lei ancora non sa
che domani, all’improvviso, lui deciderà di partire:
l’ho letto io con i miei piccoli occhi. Da domani
conoscerà follia e dolore e la sorella tenera
e ansiosa la si vedrà con supplichevoli
messaggi andare e ritornare da lui a lei da lei
a lui per mille e mille volte. E asciugarle il pianto
inarrestabile e pregare il suo spirito affannato
di riposare e ricoprirla con manti  nelle fredde
notti d’insonnia di guardia sulle torri: finché
lancerò il mio grido d’angoscia:  “Sorella, lo straniero
è partito!”.

Che il tempo passi in fretta.
Il rogo sulla spiaggia con le insegne e il simulacro,
l’urlo di belva ferita, la sua spada che la trafigge
la ricopre di sangue. Poi l’ultimo sguardo l’ultimo
rantolo, infine i miei pianti, l’inconsolabile
strazio davanti al popolo sgomento e muto:
una scena luttuosa e trionfale che narreranno
tutti i poeti nei loro versi effimeri.
Che il tempo passi in fretta.

Presto, tra poco, sarò io la regina.

 

La Mer*

(Claude Debussy)

Gli scontri umani avvengono in alto disse Lucrezio
tutto si genera tra masse potenti di nuvole
fame e desiderio principio e fine di storie e stelle.
La tramontana sull’acqua è fremito ma sulla pelle
è ruga, dico, e tu sulla minitastiera simuli
la furia marina in questa notte ancora estiva ma perdonami
se penso solo alla tramontana buia:
mai mettersi in mare dicono i pescatori le barche
si rovesciano i pesci affondano la caligine si conficca
i piedi perdono i passi nessun vecchio marinaio
ritorna a raccontare neppure si riesce a dormire
tra le coperte neppure in sogno si fugge e il cane
invecchia di colpo.
È questa la tramontana buoia? È il vento chiuso nella casa?

Che bravo sei – dico – e ti applaudo ti applaudo.

* Cfr. L. Frisa, L’emozione dell’aria, a cura di G. Lucini, Edizioni CFR, Piateda (SO) 2012, p. 69.

 

 


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